sabato 5 dicembre 2015

Se

Se vedi angoscia laddove una volta vedevi ipotesi affascinanti

Se pensi che il ridurre gli eventi a cose semplici sia sinonimo di semplicismo

Se non sei più uguale nel diverso

Se credi che le risate siano banalità, sorrisi debolezza, la gentilezza inutile concessione

Se vedi ora una fine dove prima vedevi un'opportunità

Se sei convinto che certe cose siano perse per sempre, per mano tua o per quella di altri


(Ri)torna ad interrogarti
Fallo diventare un

"E se..."

giovedì 23 luglio 2015

Le dissi che, piuttosto che conoscerla, avrei preferito per sempre scoprirla.

giovedì 29 gennaio 2015

La definitività non è ben accetta

Definitività
[de-fi-ni-ti-vi-tà]
s.f. inv.
Carattere di ciò che è definitivo.

Mi capita spesso di conoscere gente nel mio lavoro, un lavoro che ti mette in contatto con persone per un certo periodo ma solo per quell’occasione.

Ogni volta che finisco quello che devo fare, capita che ci si saluta con un “arrivederci” o “magari ci si rivede”, al che rispondo sempre sinceramente con un “non penso che ci si riveda più” alla prima e con un “non credo che ci rivedremo più” alla seconda.

…chissà perchè, ogni volta c’è una reazione strana da parte loro, stupìta, quasi a non riuscire ad accettare ciò che in realtà è e sarà.

Non accettano la definitività, il non-dubbio, la non-eventualità, la non-speranza.

giovedì 22 gennaio 2015

Agli occhi esterni

Ogni movimento ha un tempo. Ogni sentimento ha un suono.

Anche per questo, il “dove” di quella stanza era un dettaglio importante agli occhi comuni ma perfettamente insignificante per chi gli occhi li chiudeva e cominciava ad ascoltare.

Lei lo aspettava, sapendo che sarebbe arrivato, come sempre, come ogni volta concordata attraverso parole che dicevano una cosa ma ne significavano un altro, sentito e mai detto poichè inutile, addirittura fuori contesto.

Lui arriva, si toglie qualche abito, si stende.

Fuori il mondo avrebbe visto coi propri occhi un conteggio di tempo di un'ora circa...dentro quella stanza, in realtà, era una serie di attimi infiniti, concatenati, perle unite da un sottilissimo filo al suono di Glenn Gould, al ritmo dei respiri di lei, alle espressioni di lui...per loro era l'universo, l'elevazione ed il mondo realmente non esisteva.

Le mani erano entità a sé stanti con una loro intelligenza sentimentale: premevano, stringevano, strofinavano, tiravano ed il loro linguaggio era sincronizzato alla pelle, carne, persino al fluire del sangue e dei battiti.

Gli “altri” non avrebbero capito: schematici nelle loro convenzioni, comodi nei loro freddi confini, diffidenti al calore.

Loro due, tra quelle quattro mura ed un soffitto inesistenti, perciò infiniti, sono sempre lì, a dare e ricevere, seppure il meccanismo, visto da noi, sembrerebbe ad un verso solo.

In tutto questo, lui un pensiero ce l'aveva, cercava di farlo percepire a lei quando riusciva ad incrociare fuggevolmente il suo sguardo, ed era:

in fin dei conti, un massaggio è un atto d'amore”.

#RAG

lunedì 19 gennaio 2015

Furore

L’osservazione delle azioni di una persona ci fa comprendere le conseguenze, difficilmente le cause

Davanti a lui un campo arato da poco, solchi ripetuti in parallelo in lontananza, potrebbero sembrare colline se solo si abbassasse il punto di vista al livello del terreno.
Lentamente, con cicli quasi voluttuosi, l’umidità sale mescolandosi con l’aria nebbiosa ed indolente del posto, una visione che potrebbe avere un certo romanticismo…

…”la decomposizione della terra” pensò.

Lo sportello aperto, lui seduto di traverso al posto di guida con i piedi poggiati per terra e sguardo davanti a sé.
Il sottofondo del borbottio del motore lasciato acceso (proprio lui, così attento all’ambiente ed all’inquinamento, che spreco!) era scandito dal segnale di avviso di cintura di sicurezza slacciata, proveniente dal quadro della macchina:

DING!

DING!

DING!

DING…


Non è mai stato cattivo. Sapeva vivere le sue cose, ancora di più sapeva convivere con le cose altrui nel mondo, animo sveglio che sapeva il fatto suo già da tempo, tecnico elettronico dotato e con quello sguardo rivolto al futuro, quasi sapesse come sarebbero andate a finire le cose al giorno d’oggi, con quella tecnologia che al tempo rendeva liberi ed oggi, tra social e tanto altro nascosto, liberi non rende più.

Non ha mai fatto del male, non ne era capace…

…ma il male se ne frega, non dimentica, non lascia indietro nessuno.

………

Aveva passato un giorno intero ed una notte accanto a lei, teso, coscientemente inutile, percependo lontanamente nel frattempo concetti quali “errore di valutazione nella dilatazione dell’utero”, “distacco della placenta”, “sofferenza fetale”, “salvato all’ultimo minuto”.

Il male del mondo, infine, si era ricordato di lui, pur senza riservargli direttamente il suo trattamento.

Appena nato, l’ha subito preso in braccio appena l’infermiera glielo aveva permesso, testa leggermente allungata (“si metterà a posto” gli avevano subito precisato, vero), quella manina con posizione innaturale…

…singhiozzò.

Singhiozzò forte per l’emozione, per la felicità, per la confusione o per chissà cosa.

Singhiozzò.

Nel poi, i concetti non erano finiti per lui: mancavano ancora “disabilità parziale” e “ritardo dei processi cognitivi”.

Capì che la rassegnazione non è un talento: la si impara. Un urlo di rabbia non necessariamente deve passare per i polmoni e durare qualche secondo o minuto ma può anche essere un ferro rovente a bruciare la tua carne a lungo, un ferro che non si raffredderà più.

Mai era mancato, mai sottratto, mai lontano neppure attraverso tante cose buone o brutte tanto che il tempo era passato, oppure no, chissà.

Nell’”ora” era lì con quello sguardo, quel rumore ovattato, quel silenzio fuori e dentro.

Quindi?” gli disse.

Due occhi-stelle, denti marci scintillanti, capelli pettinati e ordinariamente folli, bava all’angolo della bocca, ghigno.

Continuò a fissare davanti a sé, trasse un respiro prima di indicare con un cenno della testa proprio oltre quei solchi.

Credi, Ulisse, che il tuo volo ti porterà da qualche parte?

Pensi forse che una qualche bella mano sarà lì che ti salverà all’ultimo momento?

Cerchi forse un perdono, una redenzione?

Denti marci ancora più scintillanti, maledetto beffardo.

Cosa pensi…” incalzò
Cosa speri…” continuò
Cosa credi…” insistette
Dove…chi…tu…loro…colpa…salvezza…responsabilità…abbandono…” BUMBUMBUMBUMBUM!!!!

Tremore, pulsazioni, macchie agli occhi, rabbia improvvisa crescente immotivata, quasi adolescenziale, urgenza, panico, disorientamento…

Silenzio.

Tempo molti respiri.

Lui fa “sai cos’è il Furore? E’ come quel respiro mozzato a metà che non dà aria, soffoca

Le labbra si mossero.

Come un povero amato figlio venuto male al mondo

Avrebbe voluto anche una sola lacrima a rigargli le guance, che pur significasse qualcosa, un alto messaggio.

No.

Uno sguardo lontano avrebbe visto una figura muoversi e camminare su un campo arato in direzione decisa davanti a sé per poi lentamente svanire.

DING!

DING!

DING!

DING!

DIN..

DIN..

..
.

venerdì 16 gennaio 2015

Quei 30 secondi

Mi piacciono tanto quei 30 secondi.

Capitano almeno un paio di volte la settimana e partono con precisione assoluta dal momento in cui esco dalla vasca della piscina.

L'acqua mi scivola via e scorre giù, con dolcezza, dalla testa fino alla pianta dei piedi, carezzandomi.

In quei momenti i muscoli sono caldi, tonici, ti senti leggero, il fisico sta bene, asciutto, roba da sentirsi quasi un altro.

Questo interregno così volatile, dalla fatica precedente alla normalità, comincia ad interrompersi non appena si insinuano le spire della gravità, pronta ad inchiodarti al suolo con fermezza e tenacia.

Subito dopo, tornano a trovarmi gli amici di sempre: signora pancetta e signor doppio mento :))

E si riparte, con una piccola nostalgia di quei 30 secondi appena passati.

martedì 23 dicembre 2014

Provocazione

La provocazione è un'arte ostinata che si basa sul saper chiedere scusa.

La provocazione è la miccia, la leva, la scintilla di quella reazione volta a svelare la natura del provocato.

E' apertura al buio, volta ad un giocatore di cui neanche si sa se vuole giocarsi una partita.

La provocazione, come dice la stessa parola, è un pro-voco: chiedo-a-te-per una richiesta di aprirsi.

La provocazione di per sè è un atto falsamente attivo, in realtà passivo, poichè in realtà la finalità è quella di essere attaccati, più che attaccare, di prepararsi alla difesa dall'eventuale attacco che si scatenerà.

Nel tempo della provocazione, nel suo intervallo limitato, non ci sono nè vincitori, nè vinti.

La provocazione, se fatta con rispetto ed intelligenza verso l'interlocutore, funge anche da filtro nei rapporti.

I provocatori hanno fatto la storia, a volte in modo educato, altre volte in maniera sinceramente brutale.

La provocazione è un volgere al cambiamento esponendosi in prima persona.

...la provocazione è una fame, di vita, chissà.

La provocazione è un voler (forse saper) sopportarne le successive conseguenze.

Io sono un provocatore e, sinceramente, spero che lo siate anche voi.